NBA, SCATTI E PASSIONE:INTERVISTA A MATTEO MARCHI

La storia di Matteo Marchi, da Imola ai parquet della Nba.”Ad un certo punto ho detto, o smetto o vado in America e provo il colpaccio..”

Da dove nasce il tuo cammino fotografico dalla nostra nazione verso l’Nba?

Nasce dal fatto che il lavoro al seguito  del basket italiano, europeo e anche mondiale non portava soddisfazioni economiche rapportate alla quantità di lavoro che si produceva. Mi sono trovato a un bivio ed a un certo punto ho detto “o smetto, o vado in America e provo il colpaccio”. Ho scelto B.

I Pro non si erano mai fermati, eccezion fatta per il famoso Lockout nella stagione 2011-12. A tuo avviso cosa accadrà adesso?

Credo sia quasi impossibile che questa stagione possa terminare. I giocatori son chiusi in casa da due mesi, solo a NY muoiono 500 persone al giorno. Faccio veramente fatica a pensare che si possa trovare un posto dove effettuare i playoff, considerando che almeno tra inizio degli allenamenti e inizio delle partite dovrà passare almeno un mese. Gli Stati Uniti sono un mese indietro rispetto a noi nella pandemia e la vedo veramente grigia, da questo punto di vista. E ho anche alcuni dubbi sull’inizio della prossima stagione ad ottobre.

Si è parlato tanto, in clima di emergenza sanitaria di quanto sia difficile vivere negli Stati Uniti in questi momenti.
In linea di massima, quali sono i Pro ed i Contro di lavorare in Italia o negli Usa?

Negli Stati Uniti è meglio rinosciuto il valore del lavoro, e del professionismo. Il sistema fiscale è abbastanza chiaro e non eccessivamente pesante e ovviamente i budget sono di un altro pianeta rispetto ai nostri. Al contrario, i sistemi sanitari e di welfare sono fondamentalmente da terzo mondo, se non sei ricco. E’ un Paese dove invecchiare è incredibilmente difficile e dove anche i rapporti umani sono complicati, freddi e completamente diversi dai nostri.

Te la ricordi la Viola Reggio Calabria?

Certo che si, seguo il basket fin da quando ero piccolo e quando andavo a vedere l’Andrea Costa Imola che era in A1 giocammo contro la Viola di Ginobili, Montecchia e tanti altri. Sembrano passate due ere geologiche ma sono solo 20 anni fa! 🙂

L’Italia del basket riflette sui tentativi di ripartenza. Si è anche parlato di super lega di A1 con franchigie sul modello Nba. Missione impossibile?

Completamente impossibile. Il basket italiano, come tutto lo sport e tutto il Paese, si basa e si fonda sulla logica dell’orticello. Ognuno guarda al suo e se possibile ostacola quello che non gli sta simpatico. Mancando la visione di insieme, navigheremo a vista per altri 20 anni. Con la differenza che con tutto questo casino che ha creato il virus le condizioni saranno ancora piu difficili. Allacciamo le cinture.

Sei stato a bordo campo quando la splendida Italia giovanile vinse l’Europeo Under 20.
In quel team c’erano il reggino Marco Laganà e l’ultimo capitano della Viola nei campionati nazionali, Matteo Fallucca, che ricordi porti con te di quell’esperienza?

Un bellissimo ricordo. Non potevi tifare perchè ero li lavorando per la FIBA, ma dentro di me stavo esplodendo. Durante la cerimonia del podio non sono riuscito a trattenermi e mentre scattavo ler foto un sacco di lacrime di gioia hanno solcato il mio volto. Quei colori e quella maglia saranno sempre nel mio cuore, e quel gruppo di ragazzi e di allenatori/sanitari ancora di più. Sono esperienze che difficilmente dimentichi, anche perchè molti di quei giocatori che ormai sono adulti li sento ancora.

Dalle nostre parti, i beniamini assoluti sono Kobe Bryant che ha vissuto un anno di giovanili in riva allo stretto e Manu Ginobili protagonista al PalaCalafiore nella sua prima esperienza europea.
Non ha, a tuo avviso, un qualcosa di magico tutto questo considerata la valenza dei due atleti?

Reggio Calabria è e sarà sempre un posto speciale per la pallacanestro. Sono passati da lì talmente tanti giocatori di grande livello che non può essere un caso. Ed è davvero un peccato che nessun imprenditore si sia fatto avanti per portare RC dove si meriterebbe. Il palazzo c’è, la tradizione c’è, le idee ci sono: mancano solo i soldi (dici poco, eh)

Il tuo starting five da fotografare
Scegli cinque atleti del tuo quintetto ideale da mettere in posa.

Scelgo un quintetto di gente che avrei tanto voluto fotografare:
MAGIC JOHNSON, JORDAN, PETROVIC, DANILOVIC, SABONIS (padre)

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