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DATTOLA,IL VINCENTE:PARLA IL COACH DELLA CESTISTICA GIOIESE

“Un bilancio di questo triennio? Assolutamente ultra-positivo”. Abbiamo intervistato il Coach dei pianigiani tra la sua storia, il campionato di Serie D, qualche ricordo ed il suo futuro.

Ti ricordi come nasce la tua passione per il Basket?

Certamente, tutto iniziò all’età di 5 anni con il mio professore delle scuole elementari che ci coinvolse in questo gioco e di li a poco iniziai a fare basket col prof. Latella all’allora Fiamma, tutto questo fino all’età di 12 anni, quando fui chiamato a fare un provino per la Viola e per il Cap; dopo qualche riflessione scelsi la Viola per uno sport che praticamente fa parte da sempre della mia vita; a quei tempi il basket era decisamente di un altro livello con fior di giocatori e signori allenatori, soprattutto a livello giovanile.

 

Serie D, PlayOff ed una Gioiese incandescente. Come sarebbe finito a tuo avviso il campionato di Serie D?

Beh, veniamo da due anni di serie D fatti in crescendo, e questo credo sia abbastanza lampante, lo scorso anno siamo arrivati sempre contro pronostico al play off, disputando una ottima serie e dopo un perentorio 3-0 contro il Cus Cosenza, abbiamo perso la possibilità di accesso alla serie C contro il  Botteghelle, ma non senza aver provato a giocarcela nonostante loro fossero notevolmente più forti di noi e aver dovuto fare a meno di giocatori importanti per le nostre rotazioni. E’ stata comunque un’esperienza che ci ha insegnato tanto e gli ulteriori miglioramenti si sono visti anche quest’anno disputando oltre ogni previsione, un campionato di vertice che ci ha visti primi in classifica per diverso tempo, sempre circondati dall’affetto dei nostri “STRAORDINARI TIFOSI” che ogni domenica hanno reso il palazzetto una bolgia di tifo, e questo è un merito che va tutto ai ragazzi che sono riusciti a riaccendere la passione per questo sport a Gioia.  Dire come sarebbe finito il campionato è difficile dirlo, la lotta per le prime 4 posizioni è stata tosta e sappiamo benissimo che le partite di play off fanno storia a se; però per esperienza vissuta in tanti anni di queste serie, posso dirti che il più delle volte il risultato del play off rispecchia i valori espressi dal campionato, ma quest’anno purtroppo non potremo sapere come sarebbe andata a finire.

 

Il momento più bello riguardante una stagione che, contro pronostico vi ha visto stupire e veleggiare altissimi.

I momenti più belli sono stati diversi, ma per emozioni posso sicuramente dire che due sono quelli più importanti secondo me, uno è quello nella vittoria casalinga contro la fortissima Dierre, in un palazzetto strapieno di tifosi e vinta alla grandissima con una prestazione di assoluto livello fisico, mentale e non ultimo tattico; l’altro è quello della trasferta di Castrovillari, partita giocata su un campo sicuramente ostico e a cui arrivavamo con una serie di contrattempi di carattere fisico a qualche giocatore; proprio in certe occasione capisci di aver messo su un gruppo di assoluto valore dove ognuno di loro ha dato tutto quello che aveva dentro, non ultimo il nostro veterano Michele Pricoco, il quale veniva da un mese forzato di stop e nonostante mezzo allenamento il venerdì, dopo aver fatto insieme le dovute valutazioni e aver manifestato la sua voglia di esserci comunque per dar supporto ai compagni, ho deciso di inserirlo nella lista dei 12 convocati. Beh che dire, abbiamo giocato su un campo caldissimo, con un tifo fantastico, disputando una partita di notevole spessore, come fossimo una squadra di veterani, ma ricordo ai più che il nostro gruppo è per l’80% tutto giovanile, sapendo gestire la pressione e il ritmo per tutta la gara, e nonostante il notevole gap fisico, abbiamo saputo tenere testa agli avversari, andando poi a vincere al supplementare una partita frutto di una grandissima prestazione di squadra, importantissimi tutti, soprattutto coloro i quali non hanno avuto occasione di giocare, ma che sono sempre stati fondamentali per il raggiungimento del risultato; quella partita ci ha permesso, tra le altre cose, di concludere al primo posto in classifica la fase regolare, risultato inimmaginabile a inizio stagione, frutto di un lavoro di gruppo in cui ognuno era importante.

 

Movimento e crisi dello stesso. Cosa è andato storto?

Qui tocchiamo un argomento molto delicato, che negli anni ha amplificato il trend negativo e del quale bisogna saper valutare bene tutto a 360°, cosa non semplice sicuramente, ma per quello che penso io e sulla base della mia esperienza sia da giocatore che da allenatore, e voglio sottolineare quella da giocatore, che mi ha permesso come ho detto sopra, di fare importantissime esperienze, soprattutto a livello giovanile nel momento in cui sono arrivato alla Viola, e di capire che la crisi di oggi sulla maggior parte del nostro territorio è dovuta sicuramente ai pochi numeri di quel tipo di allenatori che c’erano una volta, che ti insegnavano la pallacanestro perché profondi conoscitori della materia e lo facevano fino al più piccolo dettaglio ripetendolo fino alla nausea, perché solo così il ragazzo, il giocatore, può meccanizzare e far suo un certo tipo di fondamentale, a tutto questo va aggiunta una struttura e una società capace di dare supporto a tutto ciò con dirigenti all’altezza del compito, e permettetemi un ritorno al passato, ho avuto l’onore di avere “signori” dirigenti nel mio percorso giovanile,  al contrario, e qui voglio aggiungere una vena un po’ polemica senza voler offendere nessuno perché non sono certo io a poter valutare, da almeno 15 anni a questa parte quello che latita in maniera molto chiara dalle nostre parti sono proprio quel tipo di allenatori, oggi è diventato molto facile mettersi su un campo con tante belle teorie e con allenamenti scopiazzati di qua e di la senza però avere cognizione di ciò che bisogna realmente insegnare al ragazzo, e soprattutto senza averne le opportune conoscenze per approfondire i dettagli, non si può pensare di far crescere un movimento senza avere colui e coloro i quali devono saper insegnare, con il giusto supporto dirigenziale si intende, e a proposito di ciò mi viene in mente che una volta con quegli allenatori e con quella struttura, la Viola sfornava tanti giocatori, molti dei quali diventati anche ottimi giocatori, vivaio che ha dato linfa a tante squadre di questo territorio per anni e anni. Oggi la realtà ci dice che questo movimento è fatto solo di tanti bei numeri, ma di molta poca qualità, e non me ne voglia nessuno di queste mie considerazioni assolutamente personali, ma bisogna poter andare a fondo al problema se lo si vuole risolvere, altrimenti continueremo sempre a parlare di ciò che non va al solo scopo di fare belle chiacchierate. A tutto questo si sono aggiunti nel corso degli anni i famosi parametri, che in una crisi che va sempre in crescendo a livello di giocatori e quindi di squadre, non ha fatto altro che dare il colpo di grazia a un movimento che è sempre più in apnea e che avrebbe bisogno di una svolta. In questo momento, e alla luce di quello che è successo con questo virus che ha bloccato tutto, sarebbe il momento ideale per ripartire verso nuovi obbiettivi, magari tagliando o eliminando questi benedetti parametri e almeno in parte, cercare di far ripartire un movimento che ha bisogno di rinascere, magari dando un taglio anche ai costi di gestione degli impianti che penalizza e non poco le società.

 

Quali sono stati gli allenatori che ti hanno trasmesso di più durante i tuoi anni da giocatore?

Questa è una bella domanda, riallacciandomi a ciò che ho detto prima, mi da la possibilità di menzionare e ringraziare ancora oggi coloro che mi hanno dato la possibilità di crescere sia come giocatore che come uomo, e poter oggi allenare portandomi dietro certe conoscenze, soprattutto nel mio percorso giovanile fatto alla Viola, in cui ho avuto gente del calibro di Nino Malavenda, Silvio Ielo, Stefano Laganà, Gianni Tripodi, Gaetano Gebbia e colui che era allora l’allenatore della 1^ squadra, ovvero Gianfranco Benvenuti, tutte persone dalle quali ho imparato tantissimo sia sotto il profilo cestistico che sotto quello umano, persone e allenatori che ti rimangono dentro nonostante siano passati tanti anni. Finito il mio percorso giovanile ho avuto la fortuna di iniziare subito a lavorare, ma ciò non mi ha impedito di continuare a giocare nei nostri campionati regionali e non, perché una volta si giocava anche in Sicilia, in questo percorso ho avuto altri allenatori molto importanti, ma tre li menziono con molto orgoglio perché parliamo di persone straordinarie, e mi riferisco al compianto Santo Logiudice, a Nuccio Geri e Bebo Modafferi, persone con cui avevo e ho a tutt’oggi un rapporto di profonda stima. Ne ho avuto degli altri durante i tanti anni in cui ho giocato, e uno di questi è il nostro presidente del comitato avv. Surace con cui ho condiviso tanti anni sia da giocatore che da allenatore in quella che per me è e rimane una famiglia, ovvero il Botteghelle.

 

Tre anni di Gioia Tauro. Un bilancio?

Un bilancio!! Per quel che mi riguarda non può che essere assolutamente  positivo, ho iniziato tre anni fa con il progetto Alan in cui mi sono tuffato anima e cuore, c’era bisogno di far crescere un movimento e dare un’impronta, e mi sono calato in questa realtà con tutte le mie forze, il lavoro era tantissimo, ma insieme al mio staff ci abbiamo messo tutte le energie possibili cercando di individuare tutto ciò su cui bisognava lavorare. Abbiamo iniziato un lavoro programmato consapevoli che ci sarebbe voluto del tempo, tempo in cui non bisognava pensare al risultato bensì a far crescere i ragazzi, basando molto del nostro lavoro sui fondamentali, passando poi a tutto quello che era l’imparare a stare sul campo con l’evoluzione del gioco e di tutte le sue letture, sia offensive che difensive. I numeri su cui lavorare erano tantissimi, e posso assicurarvi che farlo ad ogni allenamento con 23/25 persone non era assolutamente semplice, però non ci siamo mai scoraggiati e siamo andati avanti a testa sotto, concentrati sul lavoro da sviluppare in questi anni, partendo da numeri importanti per una realtà come quella del basket Alan. Dopo un primo anno in cui abbiamo gettato le basi, abbiamo valutato insieme ai fratelli Travia che far fare un campionato senior ai ragazzi più grandi avrebbe potuto giovargli ai fini della loro crescita, e così è nata l’idea di lavorare con la Cestistica Gioiese (società a cui sono molto legato) per affrontare il campionato di serie D incentrato principalmente sui ragazzi di Gioia Tauro, compresi il cannoniere Ciccio Russo e suo fratello Peppe, a cui ho voluto aggiungere due pedine importantissime per dare aiuto ai ragazzi in funzione della loro crescita, e mi riferisco a Marco Costantino e Davide Laiacona, due ragazzi straordinari che si sono calati completamente nel nostro progetto e ne hanno fatto parte integrante. In tutto questo voglio sottolineare il lavoro fatto con i gruppi più piccoli, non ultimo quello dei 2005, che in ottica futura avrebbe un potenziale di crescita enorme e con cui stavamo facendo un grandissimo lavoro. Lavoro che stava continuando anche quest’anno sviluppando quello che avevamo fatto lo scorso anno, ma poi per motivi che non sto qui a discutere, il rapporto col basket Alan si è interrotto a novembre per proseguire solo con Gioiese. Abbiamo continuato a sviluppare tutto quello che avevamo iniziato col primo anno di serie D e di conseguenza col gruppo under 18, cercando di lavorare e migliorare tantissimi aspetti, sia sulla fase difensiva che su quella offensiva, oltre quella mentale ovviamente, in tutto questo si è creata l’opportunità ad agosto di inserire nel roster della D un elemento di notevole esperienza come Michele Pricoco, e conoscendolo da tanti anni e sapendo che tipo di persona era, non ho avuto alcun dubbio. Lui insieme agli altri hanno formato un gruppo assolutamente fantastico, dove anche chi aveva meno spazio era importante come gli altri, perché ci hanno permesso di lavorare in allenamento sempre al massimo e di crescere e migliorare tanti aspetti che quest’anno ci hanno portato a disputare un campionato esaltante; mi corre l’obbligo di sottolineare anche il grande lavoro fatto dal nostro preparatore fisico Simone Milano, ragazzo eccezionale, che ha saputo supportarmi in tutto ciò che gli ho chiesto specificatamente al lavoro da fare; ma in tutto questo, quello che mi riempie d’orgoglio dopo tre anni di lavoro, sono due le cose che voglio sottolineare oltre ai risultati del campo, una è la crescita di tutti i ragazzi, averli presi praticamente grezzi e vederli oggi stare sul campo, avere acquisito padronanza di tanti fondamentali coniugati al saper giocare con la squadra su entrambi i lati del campo è sinonimo di un lavoro importante ed è merito loro dopo i tanti sacrifici che hanno fatto lavorando sodo; in tutto questo, devo tra l’altro ringraziare i cosiddetti veterani, che mi hanno supportato nella crescita dei ragazzi; l’altro aspetto importante per me, è l’affetto profondo che mi lega indistintamente a tutti i ragazzi di Gioia Tauro, ragazzi meravigliosi a cui voglio un gran bene e che mi è costato parecchio non poterli continuare ad allenare, purtroppo nella vita non tutto va sempre come vorremmo, ma contrariamente a quello che qualcuno può pensare, amicizia e affetto sono due cose che nessuno può togliermi fortunatamente e rimangono anche al di fuori del campo, sinonimo del rapporto instaurato coi ragazzi.

 

Sei, da sempre, molto abile a costruire roster impeccabili e completi. Quali sono stati i giocatori preferiti ingaggiati negli ultimi 10 anni?

Esatto, ho la propensione a costruire personalmente le mie squadre adeguandomi ai tempi e cercando giocatori funzionali al tipo di progetto, da quando alleno ho sempre fatto io le squadre e di questo ne vado estremamente fiero, perché chi costruisce le squadre sa benissimo quanto tempo e lavoro occorre per riuscire nell’intento; a proposito di ciò, avrei alcuni aneddoti da raccontare, ma rischio di dilungarmi molto; quello più bello è legato alla costruzione della squadra nel mio ultimo anno a Villa S. Giovanni, finito poi con la vittoria del campionato, beh, quell’estate col presidente Versace abbiamo deciso di cambiare completamente il roster rispetto ai primi due anni, e ricordo che lui era molto titubante sul fatto che saremmo riusciti a fare una buona squadra, la parte più bella fu dopo la lunga serie di nomi importanti che avevo già definito, quando gli dissi che avevamo preso Vincenzo Meduri, la sua risposta fu che lo stavo prendendo in giro ed era impossibile e quindi volle presenziare al giorno dell’inizio preparazione per vedere se era vero che era realmente così; ricordo ancora oggi la sua faccia quando lo vide, avevamo messo su una grandissima squadra con fior di giocatori riuscendo alla fine dell’anno a centrare un traguardo storico per il basket Villese con la promozione in C1. La parte più difficoltosa della domanda è quella dirti quali sono i miei giocatori preferiti ingaggiati negli ultimi 10 anni, a dirti la verità farei anche negli ultimi 15 anni, perché ho avuto l’onore di allenare tanti dei giocatori più forti che si sono stati in Calabria, e citarne solo alcuni non sarebbe corretto verso gli altri; posso dirti con assoluta certezza che sono tutti giocatori e ragazzi con cui sono legatissimo a tutt’oggi, e posso garantirti che sono davvero tanti, ma per me sono tutti speciali, ognuno di loro mi ha trasmesso qualcosa e l’affetto e la stima reciproca è rimasta anche successivamente; colgo l’occasione per salutarli e ringraziarli tutti.

 

 

Il quintetto del cuore, di sempre, di Coach Dattola?

Questa è una domanda complicata, perché la gente con cui ho giocato  e che ho allenato è davvero tanta e farei enorme fatica a trovare 5 persone da menzionare, per me sono stati tutti importanti e fanno parte di un mio maxi quintetto ideale, anche quei pochissimi con cui ho avuto qualche disguido sul campo e con cui ho comunque un ottimo rapporto ancora oggi, perché ribadisco, il concetto del campo è una cosa e fuori dal campo è un’altra, però l’intelligenza nel capirlo e saper scindere le due cose non è roba per tutti.

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