Giulio Cadeo: “Ripartiamo dalla difesa, il calore della gente è il nostro motore”
Il capo allenatore della Redel Reggio Calabria esprime tutta la sua soddisfazione per la calorosa serata di presentazione e delinea l’identità della squadra: “Spirito di sacrificio e voglia di lavorare”.
REGGIO CALABRIA – “È il calore della gente, il calore della Viola che vuole vincere”. Così Giulio Cadeo, capo allenatore della Redel Reggio Calabria, riassume le emozioni della serata di presentazione della squadra, un evento che ha superato ogni rosea aspettativa.
“Che serata è stata? È una serata che magari non ci aspettavamo così calorosa”, ammette l’allenatore, visibilmente colpito dall’affetto mostrato dai tifosi. Un calore che va ben al di là del semplice entusiasmo sportivo, trasformandosi in un messaggio potente per la rosa. “Credo che sia un bel messaggio per i ragazzi, specialmente quelli nuovi, per prendere coscienza e conoscere la città di Reggio”.
Un legame, quello tra squadra e territorio, che Cadeo vuole sfruttare come leva motivazionale. Durante la presentazione, alla domanda “che Viola sarà?”, la sua risposta è stata netta e inequivocabile: si continuerà a martellare. “Lo spirito non deve mancare”, ribadisce con convinzione il coach, sottolineando come l’identità della squadra non possa prescindere dall’aggressività e dalla voglia di imporsi.
Ma lo spirito da solo non basta. Cadeo delinea subito le fondamenta tecniche su cui costruire la stagione, indicando con chiarezza il punto di partenza: “Io dico che la difesa rimane la parte più importante di questo gioco e noi vogliamo ripartire da lì per poter costruire una grande stagione”. Una dichiarazione di intenti che promette una Redel grintosa, solida nel proprio half-court e pronta a soffrire per poi poter colpire.
La gioia più grande, però, è quella di poter finalmente tornare a casa. Alla domanda “quanto sei contento, da 1 a 100, che finalmente si ritorna a Palacalafiore?”, la risposta di Cadeo è un secco “100! 100! Lo aspettavamo da tanto”. Un ritorno atteso non solo per l’emozione, ma soprattutto per la necessità di lavoro. “Ci sono mancate tante ore di lavoro – spiega – anche se dicono tutti ‘abbiam lavorato tanto’. Abbiam lavorato tanto sotto l’aspetto atletico perché quello lo potevamo fare ovunque. Sotto l’aspetto tecnico e tattico ci manca parecchio”.


