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Il Canestro che Illuminò il Palacalafiore: La Notte di Antony Giovacchini e della Viola

Era l’ultimo anno in A1. L’aria a Reggio Calabria non era solo calda, era elettrica.

La Viola Basket, la gloriosa, si apprestava a vivere una stagione che in tanti pensavano potesse divenire una nuova leggenda.

In panchina, un giovane Walter De Raffaele – yes, proprio lui, il futuro scudetto – cercava di plasmare un roster intrigante, un mix di talento e carattere che potesse lasciare il segno.

E che roster. C’era Myles, la stella del college americano, esplosivo e imprevedibile. C’era Yarbrough, con la sua aura da NBA, fisico da urlo e un’esperienza che pesava come oro. C’era Capin, l’astro europeo in fulgida ascesa, tecnico e letale. Verginella, solido come una roccia. Il campione d’Italia Zanus Fortes, un leader silenzioso ma di quelli che quando parla, la gente tace e ascolta. E poi c’era lui, il simpaticissimo Jean Mark Kraidy, già diventato l’idolo del “Chisti Simu”, il cuore e l’anima popolare della squadra.

E in mezzo a questi nomi, c’era lui. Antony Giovacchini. Italo-americano. Mancino. Non era il nome più acclamato all’arrivo, ma aveva quell’aria, quella tranquillità da veterano che sa di avere un dono e non ha fretta di mostrarlo. Fino a quando non è il momento.

Quella sera, il Palacalafiore era un calderone. Un pubblico caldissimo, passionale, che respirava ogni azione. Ad affrontarli, un gigante: la Benetton Treviso di un altro genio, David Blatt.

La partita fu un susseguirsi di colpi di scena, un match claustrofobico, tiratissimo.
Un’azione non perfetta, un rimbalzo conteso, la palla che rotola fuori, il cronometro che scorre inesorabile. La palla finisce nelle mani di Giovacchini, un uomo solo nell’angolo, oltre la linea dei tre punti, col mancino che è una fede.

CANESTRO!
Il Palacalafiore esplode. Il resto è storia.

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