Il Custode dei Sogni Giallorossi
C’era un uomo, al Palacorvo, che non era solo il custode delle chiavi, ma il guardiano dell’anima di quel posto. Si chiamava Pasquale Grattaroti. E mentre oggi quel tempio del basket ronza sotto un altro nome, Palagallo, per noi la sua essenza resterà per sempre legata alla sua figura, al suo sorriso, alla sua passione quieta e fervente.
Pasquale era lì, tra il profumo di cera del parquet e l’odore della pioggia sulle gradinate, un punto fermo in un’epoca di sogni ad occhi aperti. Lavorava gomito a gomito con il Signor Pulinas, papà di Antonio, e insieme non tenevano solo in ordine un palazzetto, ma custodivano un focolare.
Era la Catanzaro che sognava. Quella dei racconti che si intrecciano alla Storia: la sinergia magica con la Viola, le visioni del Ds Ciambone, la guida del Presidente Poggi. Nei suoi occhi brillava la stessa luce che accendeva la lavagnetta di un giovane Fabrizio Tunno e che scatenava, sugli spalti, l’inconfondibile esultanza di Franco Barbieri.
Pasquale non era solo un testimone; era un amico, un tifoso. Un compagno di viaggio in quella nave giallorossa guidata in campo da un guerriero come Gianni Tripodi. Ricordava l’arrivo delle colonie argentine, vincenti e fieri, il talento di Andrea Cattani, la grinta di Rifatti, l’eleganza dei due Gallo. Sentire il suo racconto di una partita era come riviverla: la potenza di Trentini, l’indomito cuore di Caldarola, le folgorazioni degli enfants prodige come Falcomatà e Favano.
E prima ancora, nella sua memoria, vivevano intatti i gesti atletici di Praticò e Zumbo. La sua era una storia vivente, un album di famiglia a cui tutti potevamo attingere.
Ma Pasquale era soprattutto un amico. Quello dei pranzi e delle cene infinite, dove il basket era solo il pretesto per stare insieme. Anche a casa sua, attorno a una tavola imbandita, si celebrava lo stesso rito di comunità che si viveva sotto i canestri. Ridevamo, discutevamo, ricordavamo. E lui, al centro, con la sua pacata saggezza, era il collante di tutto.
Resta in ogni scricchiolio delle tribune, in ogni eco di applauso, nel sussurro del vento che gioca ancora, a volte, con i vecchi vessilli giallorossi.


