LA LEGGENDA DI “SCHEGGIA”: DA GIOIA TAURO A MELBOURNE, IL SOGNO NON SI È MAI FERMATO
C’era una volta un palazzetto chiamato Palamangione, a no c’è ancora, e domenica ha scritto una nuova storia, con la vittoria dei Viola di Gioia contro il Castanea.
Prima dei fratelli Russo, prima di Luca Bova, prima che Coky Mermolia incantasse con il suo talento, in quella fucina di sogni e sudore, impazzava lui.
Lo chiamavano “Scheggia”. Lo sguardo sempre fisso sul pallone, una velocità che per quei livelli sembrava sovrumana. Sembrava quasi un americano, pronto a dispensare assist come un mago. Li serviva ai fratelli Latella, a Ugo, al grande Chamberlain, a Gianci, a Daniele – quello che poi sarebbe diventato il papà di Jacopo –, a Nino, a Sergio e a tanti altri. Quella era Gioia Tauro. Ci potevi trovare un Peppe Murano selvatico pronto a salutarti con estrema accoglienza.
E lui, in quel rettangolo di parquet, era semplicemente imprendibile. Imprendibile da sempre. E, nelle memorie di chi c’era, imprendibile per sempre.
Oggi, il grande Scheggia ci ha scritto. La palla, quella, non l’ha mai smessa di rotolare. Il suo dribbling non si è fermato ai confini di Gioia Tauro o della Calabria. Ha attraversato oceani. Oggi, Giovanni Angelone – questo il suo nome – gioca ancora. Non più al Palamangione, ma a Melbourne, in Australia.
Perché le radici,le passioni, quelle vere, non si recidono mai. Si trapiantano, attecchiscono in terre lontane e fioriscono, portando con sé il sapore unico della propria storia. La “Scheggia” di Gioia Tauro ha portato il suo dribbling, la sua velocità e il suo cuore calabrese fino all’altro capo del mondo..


