NEL SEGNO DI DRAZEN, PASSATO DA REGGIO CALABRIA
E’ passato da Reggio, dal Palabotteghelle, oggi Palabenvenuti. Ieri sarebbe stato il suo 61 compleanno.
Come in una delle più belle canzoni dei Tiromancino, a volte la vita sa che “Due destini si uniscono, si perdono e poi…”, scrivendo storie il cui finale arriva troppo presto, lasciando in sospeso un verso che avremmo voluto ascoltare per sempre. È la storia di Dražen Petrović e Massimo Mazzetto. Due anime del basket, due destini uniti da un tragico filo cestistico fatto di tecnica, sacrificio e abnegazione.
Il “Mozart del canestro”, la stella che dall’Europa aveva conquistato l’NBA, si è spento il 7 giugno 1993 su una strada bagnata in Germania. Aveva solo 28 anni. Era un genio ossessionato dai dettagli, un artista che dipingeva punti con la follia di chi non concedeva mai un millimetro. Il mondo intero attendeva di vedere fin dove sarebbe potuto arrivare quel talento smisurato. Chissà cosa ci siamo persi.
Ma a Reggio Calabria, il ricordo di Dražen richiama immediatamente un altro addio, ancora più straziante per la sua crudele prematurità. Massimo Mazzetto, l’atleta della Cestistica Piero Viola, morì il 18 giugno 1986. Aveva appena 21 anni. Un’età in cui tutto deve ancora cominciare, e per lui, invece, tutto si interruppe. Per chi lo vide giocare, Massimo non era solo una promessa. Era un talento puro, destinato a diventare un pilastro del basket italiano, un erede dei grandi Caglieris e Brunamontim seguendo i dettami di Gianfranco Benvenuti e Massimo Bianchi(sul campo).. La sua cabina di regia era già lì, pronta a esplodere.
I loro destini si erano già incrociati, in un pomeriggio indimenticabile al PalaBotteghelle. Petrović, l’astro nascente della Jugoplastika, contro Mazzetto, il giovane campione di casa. Quella volta, fu la super difesa di Massimo a stupire tutti, tenendo testa al fenomeno che di lì a poco avrebbe conquistato il mondo. Fu un duello di cuore e tecnica, uno scontro tra due mentalità da guerrieri che lasciò il segno in chi ebbe la fortuna di assistervi.
Due Mozart del canestro, le cui sinfonie furono interrotte troppo presto. Oggi, mentre il mondo ricorda il genio di Dražen, Reggio Calabria unisce in un solo, commosso ricordo il Mito globale e il Campione di casa che non ha avuto il tempo di diventarlo. Forse, ora, stanno illuminando insieme atmosfere paradisiache, finalmente liberi di giocare quella partita infinita che la vita qui in basso gli ha negato. Perché, come forse avrebbero cantato i Tiromancino, alcuni legami non si spezzano. Viaggiano solo su un altro piano.



