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Sconochini e Marcianò, che intervista dal sapore Panasonic!

Una chiacchierata tra amiciStoria, emozioni e aneddoti indimenticabili: una serata con l’argentino Hugo Sconochini e il chinesiologo Filippo Marcianò, per rivivere gli anni ruggenti della Panasonic.

Una Reggio Calabria che non dimentica. Si potrebbe riassumere così la chiacchierata, condotta da Giovanni Mafrici, tra Hugo Sconochini e Filippo Marcianò, coetanei separati da soli tre giorni di età e uniti per sempre da un legame speciale nato negli anni ’90. Un tuffo nel passato tra ricordi personali e professionali, per celebrare un’epoca indimenticabile per il basket reggino.

L’incontro, più che un’intervista formale, ha il sapore di una riunione di famiglia. Sconochini, l’eroe argentino approdato a Reggio da ragazzino, torna in una città che lo ha adottato e che lui ha amato. “È sempre bello tornare a Reggio perché ci ho dei bellissimi ricordi”, esordisce Hugo, confermando un legame che il tempo non ha scalfito. Un affetto ricambiato dai tifosi, che lo accolgono sempre come un figlio, nonostante la maglia avversaria.

Filippo Marcianò, il chinesiologo fa da contraltare perfetto, ricordando con affetto quei ragazzi “che difendevano la mia città in un momento in cui le cose in città non erano bellissime”. Erano più che atleti; erano simboli di riscatto.

L’arrivo di Sconochini a Reggio è già leggenda. “Quando sei arrivato ti hanno fatto giocare al liceo Righi al geometra e hai rotto il canestro e avevi i pantaloni di jeans. È vero?”, chiede Mafrici. Ugo, con un sorriso, corregge il tiro: “Ho rotto un tabellone, però ero vestito da basket”. E svela un dettaglio prezioso: “Nella cucina di casa mia in Argentina c’ho la foto di quel momento”. Uno scatto che cristallizza l’inizio di un’era.

Il ponte tra l’Argentina e Reggio Calabria ha un nome e un cognome: Gaetano Gegbia. A lui va il merito di aver creato quel “collegamento fra la piazza Argentina e Reggio Calabria”. Sconochini non usa mezzi termini nel descriverlo: “Io lo amavo. Cazzarola, lo amavo”. E continua: “Era una persona intelligentissima, visionaria, che vedeva molto più in là di chiunque altro”. Un uomo severo, ma di un’onestà intellettuale che ha lasciato il segno. “Dobbiamo ringraziarlo un po’ tutti, Gaetano, per tutto quello che ha fatto”, è il coro unanime.

Marcianò, da giovane chinesiologo catapultato in un mondo di professionisti, ricorda la sua “promozione” forzata: “Sono passato in un mese dal ragazzino al dover essere un professionista”. Il suo mantra? “Silenzio e lavoro”, un consiglio che ricevette e fece suo. Ma non fu un’esperienza dura. “Era un piacere perché, ripeto, avevamo la stessa età. Era un momento in cui ti incontravi e parlavi di qualcosa che non era la pallacanestro”.

E poi, il mitico “frullatore di Garrett”. “Madonna, come andava!”, . “La Sosta veniva chiusa, veniva chiusa dicendo ‘Ragazzi, finito’. E poi si trasferiva a casa sua”, raccontano. E Filippo? “Io una volta ho provato a dire no. Mi hanno portato per forza, quindi ho evitato di dire no un’altra volta”.

Non poteva mancare un accenno a Manu Ginobili e a chi, come Flavio Tranquillo, ha definito Sconochini il precursore del fenomeno argentino in NBA. Hugo, da campione e uomo saggio qual è, liquida la questione con grande equilibrio: “A me questo sport mi ha dato tantissimo, mi ha tolto tanto, ma mi ha dato molto di più, quindi non posso che essere felice e riconoscente”. E sulla possibilità di un’ipotetica carriera in NBA: “Se fossi nato 10 anni dopo, sì, va bene, però non sono nato 10 anni dopo. E credo che abbiano fatto bene a scegliere Manu Ginobili”.

 

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