SliderStory

“SI FA PRESTO A DIRE AZZURRO”, DI GIUSVA BRANCA

Per l’ultima gara del Girone di Qualificazione agli Europei 2025, la Nazionale Italiana di basket è ritornata a Reggio Calabria, una città che, nonostante l’assenza della Serie A, continua a vivere e respirare basket. BasketVISION, magazine fruibile su Telegram, ha celebrato questo momento con una puntata speciale, un viaggio tra storia, personaggi, spirito e cultura di una terra che ha fatto dello sport una delle sue colonne portanti.

 

La puntata, realizzata con il contributo di firme prestigiose del giornalismo sportivo, si avvale degli interventi di Giorgio Bonaga, Walter Fuochi, Dario Ronzulli, Giusva Branca, Cristina Meduri, Alessandro Pisapia (4BS), Enrico Petrucci, Alessandro De Mori (MDB-MI) e Massimo Bianchi, coordinati dal nostro Chief Editor Enrico Campana. Un team d’eccezione per raccontare una storia unica, fatta di passione, tradizione e un legame indissolubile con il basket.

Vi presentiamo un grande scritto a firma Giusva Branca, scrittore, giornalista, già Presidente e Dirigente della Viola.

 

Si fa presto a dire ‘AZZURRO’ di Giusva Branca

Tornare nei luoghi dove si è stati da giovani è sempre esercizio complicato e per certi versi pericoloso.

Se poi si parla di ambiente, di emozioni, allora è scacco matto. Senza remissione.

C’è da fare i conti con qualcosa che dimora dalle parti dell’anima, di quel centro dello stomaco che

declina lì le pulsioni del cuore, dello spirito.

La Nazionale di basket torna a Reggio Calabria dopo tanti lustri…ed è subito sold out, è subito magia,

come se non fosse mai passata.

12 dicembre 1994: la Nazionale di coach Messina schierata al PalaPentimele prima di Italia-Francia.

 

E qua non si tratta solo di amarcord, di ricordi che riaffiorano, di sinestesie che si alimentano di

mancanze, di gioventù, di sogni, di speranze, di prospettive, svanite tutte, insieme al tempo che separa

l’ultima – e a maggior ragione la prima – Nazionale a Reggio da questa.

Non è solo questo perché al “Palacalafiore” saranno tantissimi i giovani che di quell’epopea del basket

hanno solo sentito parlare e forse nemmeno più di tanto.

E allora, probabilmente il basket e, quindi, la Nazionale sono qualcosa che è nel DNA della gente di

Reggio, qualcosa di cui è zeppa la spina dorsale, è pieno il midollo della città, di una piazza che ha

dato tanto, tantissimo alla pallacanestro italiana.

E la squadra azzurra davanti ad oltre 7000 persone va oltre l’evento sportivo, va oltre la partita di

basket, sia pure di alto livello; è una declinazione nuova di nomi antichi – moltissimi e tutti altisonanti,

quindi non ne farò nessuno – che hanno pestato quelle tavole, esaltato e sportivamente terrorizzato una

platea che li guardava ammirata e che si conquistò sul campo le stimmate di “intenditrice”, di “piazza

storica”, di “casa del basket”.

E quando un luogo – e torniamo ai luoghi – è casa lo è per sempre, a dispetto del tempo che passa e

che, per le cose dell’anima è, notoriamente, un impostore.

E la Nazionale torna a casa, lo fa con giovanotti che – tranne qualcuno – di Reggio hanno, forse, sentito

parlare dai genitori o da qualche addetto ai lavori più anziano, ma quando qualcosa è nell’aria, quando

l’aria stessa è aria di casa non servono le presentazioni, i racconti, gli endorsments.

E allora mischiare le generazioni, il mood di chi rivede in quelle maglie se stesso ragazzo con quello

di chi non ha nulla da rivedere, ma solo da sognare, da appassionato o protagonista dello sport, è la

vera magia, è ciò che rende immortale il percorso di una disciplina, di uno sport.

Rinnovare questo miracolo è ciò che dà continuità, eterna, al rapporto tra la pallacanestro e una città

che – a dispetto delle ere sportive più o meno fortunate – sarà sempre casa per il basket, per qualunque

basket, perché è una città che la pallacanestro la conosce, la ama.

Parlo di una città che il basket lo respira per genìa familiare nelle case, nelle famiglie, nelle palestre,

nelle scuole, per le strade, nelle piazze, negli uffici.

E ogni tanto anche mettere il vestito buono riempie il cuore, soprattutto se è per accogliere la Nazionale,

le maglie azzurre che, a certe latitudini, sono sempre un po’ come la famiglia reale a passeggio tra la

gente che la ama.

Anche soltanto per essere tutti assieme per la prima volta dopo che i giganti che fecero di Reggio una

città di basket (Viola, Scambia, Tuccio, Benvenuti, Zorzi, Gebbia, Tolotti su tutti) ci hanno lasciato

orfani.

Anche solo per essere tutti assieme – col nodo in gola di chi per troppo tempo “è andato a letto presto”

al momento dell’inno nazionale: po-poropò-poropò-pororopò-poropopò-poropopppoppò…

Il PalaCalafiore oggi con la Viola schierata di spalle (foto Reggioacanestro.it)

Show Buttons
Hide Buttons