Una storia che fa riflettere

da virtusvelletri.it

Scrivo all’indomani dell’ennesimo episodio che mi ha lasciato sconcertato e pieno di amarezza. Venerdì 28 novembre ho accompagnato il gruppo Under 14 dell’ASD Virtus Velletri Basket, che mi onoro di allenare, alla prima partita di campionato (Categoria U14 reg. Girone B). I ragazzi erano gasatissimi da diversi giorni per l’esordio, per alcuni di loro era la prima partita in assoluto, e siamo partiti con largo anticipo alle 16.45 di un giorno feriale per il match previsto alle 19.10. Purtroppo ho avuto la sfortuna di trovarmi sul GRA con ben due incidenti, che mi hanno fatto arrivare al campo solo 10 minuti prima dell’inizio della partita, ma nel frattempo ero in contatto con i ragazzi – arrivati puntualmente alle 18.25 – e non riuscivo a capire come mai nonostante la presenza di tre genitori ad accompagnarli non solo non era stato loro consentito di svolgere il riscaldamento, ma addirittura non erano stati fatti entrare nell’impianto! Appena arrivato chiedo il perché e mi sento rispondere che quello è un impianto privato, e loro sono “fiscali”. Quindi, ricapitolando, la squadra di casa fa riscaldamento con il proprio allenatore, l’arbitro è al tavolo ma i nostri ragazzi con i tre genitori che li accompagnavano non hanno potuto nemmeno mettere piede dentro la struttura.

Finalmente arrivo e possiamo iniziare il riscaldamento quando mancano 5 minuti all’inizio della partita, ci accorgiamo in quel momento che abbiamo entrambi i completi gialli. Non entro nel merito della norma, in realtà poco chiara e da approfondire su quale delle due formazioni sia tenuta a cambiare maglia e ci sarà modo in altra sede di verificarlo, d’altronde io ero responsabile di una mancanza perché non avevo portato il secondo completo (fino allo scorso anno giocavamo con divise double-face, ma non è una scusante). L’arbitro non si sente di iniziare la partita in queste condizioni, e posso comprenderlo, per eventuali lamentele della squadra perdente. La squadra di casa dichiara fermamente di non avere altre maglie, quindi referto chiuso e tutti a casa, partita persa per noi mentre i padroni di casa non ci propongono, come spesso accade visto che comunque ragazzi e genitori si erano fatti un’ora e più di traffico per arrivare, di giocare un’amichevole e non mandare sprecati tutti gli sforzi. E il motivo si è capito subito dopo. Mando i miei ragazzi negli spogliatoi per cambiarsi e quando usciamo per andare via ci accorgiamo che la squadra di casa è pronta per giocare un bel 5 contro 5 con i ragazzi presenti, ma come faranno a distinguersi visto che hanno tutti la maglia dello stesso colore? Semplice, basta girare la maglia e il gioco è fatto, 5 rimangono in giallo e 5 diventano bianchi…

Il mio cruccio è stato, ed è tuttora, su come far comprendere ed accettare questa sconfitta ai miei ragazzi. Sicuramente io avrei comunque dovuto portare il secondo completo, però oggi non sono nei panni (a mio avviso molto più scomodi) di chi deve giustificare ai suoi ragazzi una vittoria ottenuta con queste modalità e comportamenti. Alcune partite vinte sono ben peggio di qualsiasi sconfitta.

Si tratta dell’ennesimo episodio che mi fa interrogare sul ruolo dell’allenatore e/o istruttore e penso che si stia sempre più svilendo la nostra figura, è ridotta in moltissimi casi al solo dato statistico di vittorie e sconfitte, non si ritiene più primario il ruolo di educatore, di esempio, di traino e motivatore per i ragazzi e l’ambiente circostante. Mi trovo ripetutamente a subire opere di vero sciacallaggio da pseudo colleghi e presidenti/allenatori che chiamano a casa genitori di bambini di 9 o 10 anni per convincerli a giocare nella loro squadra “che è molto più forte” di quella in cui si trovano, e che quando ci giocheranno contro gli daranno distacchi da 50 punti. Un metodo vigliacco, che utilizza il dileggio del lavoro altrui, al quale non potrò mai rassegnarmi. Tanti amici e colleghi leggendo questa lettera staranno dicendo “capirai, se ne è accorto adesso, è una vita che succede!”. Ed è vero, ma è la frequenza che comincia ad essere preoccupante e sento, forse più per me che per una vera speranza di cambiamento o che qualcuno si interessi all’argomento, di dover fare qualcosa. Soprattutto se questi comportamenti arrivano a toccare il futuro di bambini di 8 anni!

Si può ricondurre tutto ad un esasperato agonismo? Io sono favorevole all’attività svolta a carattere agonistico, nel caso serva chiarirlo, ma nei tempi e modi adeguati, certamente non a 8, 10 o 12 anni! Ma soprattutto, ed è la cosa più importante, non ho mai interpretato l’agonismo come un qualcosa in contrasto con il fair play, la sportività, il rispetto, il sentimento. Al contrario questi principi ne sono la base, eppure vedo sempre più spesso mancanza di rispetto tra società, allenatori, istruttori che è poi una mancanza di rispetto soprattutto verso i ragazzi e lo sport meraviglioso che svolgiamo.

Mi farebbe piacere se i miei ragazzi leggessero questa lettera anche se è più lunga dei 160 caratteri che usano di solito. Cercherò di trasmettergliela in palestra, lavorando come sempre, senza prendere scorciatoie o infangando l’avversario.

Massimo Mancini

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