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Vittorio Tracuzzi, il pioniere: a 38 anni dalla scomparsa, il suo gioco vive ancora

C’è un filo nerorancio, sottile ma resistente, che lega le storie della pallacanestro italiana ed in questo caso il filo vive in un libro, scritto da Gaetano Gebbia che potete trovare nelle migliori librerie online”L’interprete geniale di un basket attuale” con prefazione di Valerio Bianchini.

Le assonanze? Tante, dalla Sicilia alla Calabria Da San Filippo il primo, da Ragusa il secondo ma sempre facendo tappa a Reggio Calabria.

Per Tracuzzi,il filo stesso parte da Varese, si intreccia a Bologna, tocca le nazionali maggiori e arriva fino a Messina, dove un palazzetto, quello dove gioca attualmente la Basket School(e che finalmente è stato ammodernato) ne porta ancora il nome.

A 38 anni dalla sua scomparsa, avvenuta a Bologna il 21 ottobre 1986, la sua figura non è solo una polverosa voce da enciclopedia.

È un’eredità viva, un metodo, un amore per il basket che ha attraversato l’Italia del dopoguerra, lasciando un’impronta indelebile.

La sua carriera fu un atto di fondazione. In un’epoca in cui i ruoli erano più fluidi, Tracuzzi fu un pioniere del “doppio mestiere”. Non smise semplicemente di giocare per allenare; fece entrambe le cose, simultaneamente, plasmando il gioco direttamente dal parquet. Lo fece a Varese, e poi lo portò a Bologna, sulla panchina della Virtus Minganti. Immaginate la scena: l’uomo in maglietta sudata che, in un time-out, traccia schemi per i suoi compagni. Era un architetto che non disdegnava di impugnare personalmente la cazzuola.
I suoi occhi avevano visto l’Europa da cestista, dagli Europei del ’47 alle Olimpiadi di Londra ’48. Quell’esperienza sul campo divenne il carburante per la sua mente tattica.


La sua abilità non conosceva confini geografici: fu l’architetto dello scudetto Varese del ’64 e della storica Coppa delle Coppe del ’67, ma già un decennio prima aveva guidato la Bernocchi Legnano al titolo femminile. Aveva il dono di vedere il potenziale e di strutturarlo, sia che si trovasse a Cantù, a Milano o, in un capitolo finale della carriera, a Reggio Calabria, sulla panchina della Cestistica Piero Viola.
Fu Commissario Tecnico della Nazionale maschile nei primi anni ’50, guidando gli Azzurri nelle fucine del basket europeo dell’epoca, come l’URSS. E, in una splendida simmetria della carriera, tornò sulla panchina azzurra oltre vent’anni dopo, per guidare la Nazionale femminile dal 1981 al 1985.

Vittorio Tracuzzi non fu un uomo di un solo trionfo eclatante, ma un artigiano della vittoria e un educatore del gioco.Questo video? No non è Ia, è un archivio Rai, veramente memorabile.

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