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NEL RICORDO DI PINO CAMPOLO, I RICORDI DI COACH GUIDO GRANDINI

Ha allenato, con impegno, capacità e voglia. Il 9 marzo, al Palalumaka,ci sarà, pronto a dirigere i suoi ragazzi, i ragazzi dell’Azzurrina.Parliamo con Coach Guido Grandini.

Innanzitutto, ci può raccontare, chi era Pino Campolo e quanto è stata importante per te l’Azzurrina e per il basket reggino?

“Un personaggio molto particolare.
Sono stato ingaggiato dal Presidente Campolo in questa maniera.
All’epoca, allenavo le giovanili del Cap.Avevo allenato alla Viola.
Avevo fatto il vice sia di Nino Furfari che del Professore Melara.
Credo che avesse già parlato con il Coach Mario Crisafi precedentemente.
Non avevo mai allenato una squadra “tutta mia”, una squadra senior.
Fui ingaggiato alle quattro e mezza del mattino all’attuale Bar Foti di Piazza Garibaldi.
Non ricordo come si chiamasse all’epoca ma era uno dei pochi Bar aperti di notte: a quel tempo davo una mano a mio cognato alla discoteca Limoneto.
Finivamo tardissimo e prima di ritornare a casa andavo in centro, compravo il giornale e bevevo un caffè.
Incontrai Pino Campolo che mi offrì il caffè e mi chiese di allenare l’Azzurrina.
Io risposi con tono dubbioso- Pino ma voi non avete settore giovanile- avendo io allenato solo giovani fino a quel momento.
Lui sottolineò, ti vogliamo per la Serie C.
Io, affermai di non avere neanche il titolo per allenare la C, lui mi tranquillizzo dicendo che con calma avremmo risolto tutto, e da lì iniziò la mia avventura”.

E umanamente?

“Pino era una persona straordinariamente di cuore.
Anche recentemente, qualsiasi cosa abbia chiesto a Pino, si è sempre fatto in quattro per aiutarmi.
Sempre a disposizione del prossimo.
Il nostro rapporto cestistico non si era risolto benissimo: lo risolse lui, superando gli ostacoli e le barriere.
Una persona di cuore.
Persona sincera, sempre pronto ad aiutarti e voluta bene da tutti”.

Quanto le manca la pallacanestro allenata e cosa ne pensa del movimento di oggi?

“Sono sincero.
A volte si, ed a volte no.
Vedo un movimento un po povero.
I ragazzi ci sono ma, sinceramente, sono molto critico nei confronti della Fip.
Credo che la Federazione abbia chiesto troppi soldi alle società, ci sono troppe spese.
Parlo della Fip nazionale, ovviamente e non mi sembra che la stessa abbia spinto il movimento a crescere, così come accaduto con la pallavolo ad esempio.
Non ho l’entusiasmo di prima anche nel guardare il basket: mi sembra un po indietro in Italia”.

Ricorda il suo periodo di formazione?

“Ho avuto istruttori importanti come Messina, Banchi,Calvani,Marcelletti.
Quello che m’illuminò totalmente fu PJ Carlesimo, il vice del Dream Team di Barcellona ’92.
M’illuminò talmente tanto che, tornato a Reggio dopo il percorso di formazione riproponevo i suoi insegnamenti all’Azzurina”.

Il momento più bello e la partita che porterà sempre con lei delle stagioni con l’Azzurrina?

“Più che le vittorie, ricordo i prepartita.
Le riunioni tra primo e secondo tempo.
Avevo un gruppo di giocatori che, prima di essere tali erano delle persone straordinarie, estremamente intelligenti.
Se dovessi identificare una partita: quella con il Cap al Botteghelle.Una prova superlativa”.

I fratelli Crisafi?

“Mario, senza mai interferire mi dava dei consigli.
E’ stato il mio padre “putativo”.
Consigli umani che mi sono serviti a gestire le situazioni.
Mai consigli “direttivi”, anzi, ogni tanto mi diceva, “fai delle scelte che io non farei mai, però hai ragione”.
Mario mi ha sempre detto che ero bravo ma che avevo un carattere…
Mario diceva “Noi siamo una Noce, siamo duri, ci devono rompere se ci vogliono mangiare”.
Nando, invece, è stato la mia ala protettrice: lui mi introdusse nel mondo della formazione da Coach.
Il primo corso nato per Istruttore giovanile, Nando mi mandò a Senigallia.
Iniziammo il giorno prima di Reggina-Cremonese.
Il capo Istruttore era Ettore Messina che, all’epoca era il vice della Virtus, il vice di Tom McMillen.
Durante il corso mancò per un giorno per firmare il suo primo contratto da allenatore.
Ettore Messina mi chiese la mia provenienza.
Specificai che avevo allenavo anche il Cap, gli allievi del Cap.
Messina mi disse:”il Cap, si il Cap del Professore Melara”. Rimasi scioccato.
Melara era quotatissimo a livello nazionale”.

Chi è il giocatore di maggior talento e quello che, avrebbe portato ovunque per farlo giocare alla sua corte?

“Salvatore Morante. L’avrei portato anche in Serie A.Se fossi arrivato in Serie A, l’avrei portato con me.
Persona estremamente brava come uomo e come giocatore.
Detto questo, però, farei un torto a tutti gli altri, sicuramente non da meno e lo palesano grazie al successo nella loro vita, sono tutti Dottori, Avvocati, Ingegneri, una risorsa.
Un ricordo a Pino, lo dobbiamo tutti”.

Cosa manca al basket oggi?

“Mancano persone come Pino, che guardavano l’aspetto umano.
Avevamo collaboratori, amici, che non volevano nulla in cambio.
Ci mettevano passione e la voglia di stare insieme.
Io non vedevo l’ora di andare allo Scatolone, ad assistere alle gare della Juniores, discutere con Pino all’Onda Marina.
Il segreto di tutto”.

 

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