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PETRUCCI:”NON MI RICANDIDO”

Dopo l’ennesima riforma dei campionati, fortemente voluta. In mezzo a tantissime variabili che potrebbero indebolire ulteriormente il mondo del basket, come ad esempio, il mutamento delle condizioni previdenziali (attendendo novità su vincolo sportivo, parametri e legge sullo Sport)che potrebbe far lievitare i costi dei giocatori di tutta Italia,ecco le novità dal numero uno del Basket italiano.

Intervistato da Daniele Dallera per il Corriere della Sera, il Presidente della FIP Gianni Petrucci tocca diversi temi di stretta attualità, a partire dalla Nazionale per passare al rapporto tra NBA, FIBA ed Eurolega, e annuncia la sua non ricandidatura alle prossime elezioni federali.

Un estratto delle sue dichiarazioni.

La scelta di affidare la Nazionale a Gianmarco Pozzecco: come è nata? “L’ho sempre seguito da giocatore, ha quel qualcosa in più di cui ci si può innamorare. Ho sempre avuto un rapporto particolare con lui. È un entusiasta, un vincente, anche lui ha vissuto momenti delicati che lo hanno fatto crescere e maturare, ovvio che quando si ingaggia un allenatore si fa una scommessa, sono convinto che sia quella giusta”.

Lei è un politico sportivo, basket, calcio, Coni, ancora basket, portato al dialogo e al compromesso, quando c’è tensione cerca l’intesa, perché è stato così brusco nel rompere con Meo Sacchetti, un c.t. che ha fatto un grande lavoro? “Cerco il dialogo è vero, ma sono anche un decisionista e avevo capito che era arrivata l’ora di cambiare. Il cuore lo puoi usare come muscolo o come sentimento, sì forse sono stato un po’ brusco con Sacchetti, in quell’occasione ho usato il muscolo. Ma riconosco che ha portato risultati importanti”.

Una verità fin troppo scontata: troppi stranieri, alcuni non all’altezza, danneggiano la Nazionale, la maturazione tecnica dei giocatori italiani. Come si fa a cambiare questa tendenza?
“La ipervalutazione del giocatore straniero non ha mai portato benefici. Nelle nostre riunioni, in Consiglio federale, in Lega, siamo tutti d’accordo su questo problema. Ma la realtà è che il basket di serie A è sostenuto da dirigenti capaci, preparati, alcuni sono grandi imprenditori e sono loro a metterci i soldi,
mai dimenticarlo. Il presidente federale deve tenerne conto, ascoltare e adeguarsi a volte alle loro esigenze”.

Il conflitto di interessi tra Nazionali ed Eurolega e Nba: le squadre non concedono i loro giocatori. Lei combatte, ma è una battaglia persa. “Vede, già nel verbo “concedere” c’è l’errore. Macché concedere… se il giocatore è convocato deve rispondere alla chiamata della Nazionale. In caso contrario scatteranno dei provvedimenti. Siamo al punto che la Nba ci nega quasi tutto l’anno giocatori di nostro interesse, si limita ad aprire una finestra di soli 28 giorni in estate, forte di contratti milionari, stratosferici. L’Eurolega, a differenza della Champions League nel calcio, non fa quelle pause che permettono per esempio una vita autonoma e competitiva alla Nazionale di Mancini. Per non parlare di altri sport, di altre federazioni, che non soffrono dei nostri problemi, non hanno certo una Nba. E qui noto che si fanno paragoni sbagliati, si dice che quelle federazioni vincono e il basket italiano invece è in sala d’attesa. Nessuna invidia da parte mia, anzi, rispetto, felicità e riconoscenza per certe vittorie italiane, ma il basket sta facendo di tutto per mantenere la sua alta competitività affrontando problemi e situazioni che altri sport non hanno”.

Si sostiene che lei sia padre e padrone del basket, più padrone che padre. Come replica? “Intanto le dico subito che non mi ricandiderò. Penso di aver dato tutto al basket, faccio un passo indietro. Confido in un uomo di sport, magari un ex giocatore, stimo molto Datome il nostro leader in azzurro, ma non necessariamente deve essere figlio del basket, meglio un uomo che ami e conosca lo sport, questa è la figura ideale per raccogliere un’eredità prestigiosa come il basket italiano”.

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