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IL PIVOT DELLA PRIMA VIOLA:PARLA IL PIONIERE NICOLA SACCA’

Un’icona della primissima compagine nero-arancio. Una V sulla tuta, tanta buona volontà, canestri e soddisfazioni. Un tuffo nel passato di un basket meraviglioso colorato di nero e di arancio.

Bentrovato. Innanzitutto, cosa vuol dire la pallacanestro per Nicola Saccà?

Sembra una banalità, ma la pallacanestro mi ha dato tanto. E’ stata utile sia a livello fisico sia per la formazione del carattere che mi ha aiutato a gestire al meglio le difficoltà che ho incontrato nella vita. Ed è anche grazie alla pallacanestro se sono riuscito, con soddisfazione, a laurearmi e a crearmi una famiglia.

Anni straordinari, anni dove è nato il Mito Viola. Ricorda come apprese della nascita nel 1966 della nuova creatura in nero-arancio?

Ricordo che in quegli anni l’AICS era una delle società più rinomate di Reggio e il Dott. Piero Viola ne faceva parte in modo attivo. Alla sua prematura morte, il fratello Giuseppe decise di rilevare la squadra e rinominarla in “Cestistica Piero Viola” in suo onore. Questo cambiamento, grazie anche all’apporto del professore Odoardo De Carlo, portò ad una svolta a livello societario. Per la prima volta si vide una gestione più professionistica rispetto a quella amatoriale degli anni precedenti. Questo portò un grande seguito a livello popolare e continuò in maniera esponenziale fino agli anni moderni. Ai tempi facevo parte delle giovanili di altre società e, grazie anche all’insistenza del Giudice Viola che mi volle con se, nell’arco di qualche anno entrai a far parte di questa squadra per la quale giocai 6 campionati di C e due di B (partecipando anche alla poule per la promozione in A) dal ‘68/‘69 fino al ‘75/‘76. Ricorderò sempre con piacere quegli anni. Il Giudice Viola ha sempre avuto tanta passione per questo sport e spesso mi chiedeva di insegnargli le regole più difficili da apprendere e aveva instaurato con noi un rapporto di vera amicizia che dura anche oggi.

Che giocatore era Nicola Saccà?

Nonostante l’altezza (186 cm) occupavo il ruolo di pivot in quanto, giocando contemporaneamente a pallavolo nella squadra dei vigili del fuoco di Reggio Calabria, avevo sviluppato una grande elevazione che mi permetteva di prendere rimbalzi e segnare canestri con buona facilità. Non essendoci la tecnica di oggi ho sopperito con la grinta e la voglia di combattere che fortunatamente non mi hanno mai abbandonato durante la carriera.

Le manca la pallacanestro allenata?
Come mai ha smesso?

Dopo aver allenato con enorme soddisfazione personale per più di 25 anni in squadre come l’Orlandina, Canicattì, Siracusa, Comiso, Gioia Tauro, Rosarno e in B femminile nella Leonardo del prof. Pellicanò, ho terminato il mio percorso a Gela nel 2008. Ho smesso principalmente perchè non condividevo alcune regole e imposizioni da parte della FIP che a mio avviso hanno cambiato in negativo questo sport. E onestamente non sento la mancanza di allenare visto che ancora oggi nulla è cambiato.

Ferrinda,Melara o Melito, chi era il più forte?

Erano tutti e tre forti allo stesso livello nei loro rispettivi ruoli:
Ferrinda era un play molto astuto. Mi ricordo che, in qualsiasi situazione offensiva mi trovassi, avrei dovuto aspettarmi un suo passaggio in quanto era molto abile a non farlo capire all’avversario.
Melara era un’ala/pivot fortissima tecnicamente e fisicamente e riusciva sempre ad emergere nei combattimenti con gli avversari.
Melito era una guardia con un tiro fenomenale e spesso ci affidavamo a lui in quanto era decisivo per la vittoria finale.

Reggio Calabria ed il basket. Stiamo vivendo il primo anno senza basket nazionale. E’ solo una questione ciclica? Cosa si aspetta dal futuro di questo sport?

La situazione della pallacanestro italiana è critica, nello specifico a Reggio abbiamo più difficoltà in quanto ormai lo sport è un business e non è facile investire in questo territorio. Anche perchè a livello burocratico gli imprenditori non vengono agevolati, quindi preferiscono investire altrove o in altri sport più remunerativi. Se si vuole parlare di futuro, la FIP dovrebbe aiutare la crescita dei settori giovanili magari modificando delle regole che sono troppo penalizzanti per le società.

Disegni la sua squadra del cuore. Dieci giocatori da mandare in campo. Chi sceglierebbe?

Ne dico 12 ma potrei aggiungerne altri 100 con cui ho passato tanti anni felici.
Rocco Ferrinda, Ivan Mazzagatti, Peppe Melito, Enzo Putortì, Enzo Porchi, Gigi Rossi, Pippo Borzì, Mimmo Melara, Mimmo Arena, Bebo Modafferi, Loris Pajusco, Claudio Aspidi e come allenatore Carmelo Fotia per il grande lavoro svolto in quei primi anni in quanto è riuscito a dare alla squadra un’impronta tecnica non indifferente.

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