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LA FINE DELLO SPORT DI BASE … PERCHE’?

Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni del dirigente Sportivo Paolo Rosi che pone seri dubbi sull’imminente introduzione della Legge sullo Sport

La missiva

Sembrava impossibile potesse capitare e invece è successo veramente …. Così proferiva il testo di una bella canzone di Mario Venuti, cantautore siciliano accostato alla scuola del più noto cantautore siculo Franco Battiato. Veramente, il titolo del brano di Mario Venuti, molte volte usato come coro di molti tifosi sportivi, esalta l’impossibilità che un qualcosa possa realizzarsi perché difficile oppure impensabile la sua realizzazione.

La Costituzione italiana, nata da un dialogo serrato e costruttivo tra anime diverse all’interno del parlamento, è l’attuazione di leggi fondamentali che sanciscono in modo chiaro e univoco il concetto di Stato e regolamentazione di esso. Come ben sappiamo, esiste una parte della Costituzione che non può essere modificata perché in essa ci sono le leggi che fondano il nostro Stato repubblicano. I Costituenti, capendo l’importanza del futuro e dei cambiamenti sociali, diedero la possibilità di modificare la Costituzione ma solo attraverso un procedimento speciale fissato nell’articolo 138.

I nostri Costituenti non hanno voluto assoggettare lo sport alla politica e, per quel principio di indipendenza e autonomia dello sport, hanno affidato al CONI il compito di governare e gestire lo sport. Tutte le leggi, i vari decreti legislativi, le norme e le varie circolari dei vari enti pubblici, hanno migliorato lo sport italiano dotandolo di una chiara e netta distinzione tra lo sport dilettantistico e quello professionistico. La differenza tra sport dilettantistico e professionistico sta alla base del concetto di pratica sportiva e non può essere assolutamente confuso anche perché, lo Stato italiano, ha demandato alle tantissime associazioni e/o società sportive dilettantistiche, insieme alla famiglia e alla scuola, un ruolo educativo importante.

La diffusione dello sport di base non è solo fondamentale per la formazione dei giovani atleti olimpici o dei grandi campioni ma, allo stesso tempo, è fondamentale per lo sviluppo dell’area cognitiva di ogni individuo, non dimenticando che lo sport rientra in una delle cinque aree dello sviluppo della personalità dell’individuo. Il gioco, dunque, riveste un ruolo importantissimo sotto l’aspetto psico pedagogico e sociale.

Grazie al CONI, alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Federazioni Associate, agli Enti di Promozione Sportiva e soprattutto alle tantissime Associazioni Sportive Dilettantistiche, che svolgono quel nobile ruolo di aggregatori sociali in tantissime aree degradate e non del nostro territorio, lo sport di base si è potuto diffondere omogeneamente dal sud al nord della penisola italiana grazie e soprattutto a due componenti importanti: la normativa sull’attività motoria e sportiva dilettantistica e il volontariato di tantissime persone che si dedicano al sociale.

Da quando la politica ha messo le mani sullo sport, con inizio del Ministro Lotti ad oggi, assistiamo a una demolizione del sistema sportivo dilettantistico italiano. La Riforma iniziata dal Ministro Giorgetti nel 2019 ha sancito la fine, soprattutto, dell’attività di base, togliendo al CONI la diffusione dello sport dilettantistico e demandandola ad una nuova S.p.A. “Sport e Salute”.

La riforma dello sport (Decreto Legislativo 36/21) che entra in vigore oggi, 01/07/2023, ha sancito definitivamente la morte dello sport di base e dilettantistico. Tale riforma, fatta da gente che non opera nel mondo sportivo dilettantistico, non pone come base di interesse collettivo due aspetti importanti: la differenza tra sport dilettantistico e professionistico e l’altra, ancora più importante, i diversi redditi. Quindi, per il legislatore chi ottiene un compenso di € 1,00 o di € 200.000 viene trattato allo stesso modo. Ricordiamo che la normativa fin ora vigente, disciplinava in modo chiaro lo sport dilettantistico (vedi tutte le circolari dal Decreto Melandri in poi e le circolari INPS, Agenzie delle Entrate e SIAE) e rendeva massima trasparenza tramite le certificazioni uniche.

 

Considerato che ogni riforma dovrebbe migliorare quella esistente e che la sua preparazione dovrebbe sancire un confronto serio e trasparente con le parti interessate, oggi, noi operatori del settore dilettantistico, stiamo attendendo, già, il decreto correttivo al nuovo decreto 36/21. Cosa vuol dire questo? Che il Governo, non recependo nei tempi dovuti, le modifiche fatte dagli organi del mondo dello sport, si trova oggi, primo luglio 2023 a modificare entro quindici giorni un decreto appena normato. A questo punto Checco Zalone direbbe: ma sono del mestiere questi?

Grave è che molte Federazioni Sportive sembrano non aver capito cosa comporterà questa riforma e che moltissime ASD, dovranno chiudere la loro attività perché avranno difficoltà a gestirsi economicamente.

Ma una domanda che mi pongo è: dov’era la politica quando si discuteva di questa riforma? I nostri parlamentari votano le pratiche secondo coscienza e conoscenza o secondo organi di scuderia partitica? Ancora, i nostri parlamentari calabresi hanno capito il grido di allarme che parte dal basso o pensano che tutte le ASD abbiano entrate stratosferiche e considerate professionistiche? I nostri amministratori lo sanno che molti bambini non avranno più la possibilità di svolgere un’attività motoria e sportiva organizzata?

Lascio questi interrogativi a chi ci governa e ringrazio quelle pochissime federazioni ed Enti di Promozione Sportiva (CSEN) che stanno combattendo per far si che lo sport di base non muoia.

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